Intervento pronunciato in occasione della conferenza stampa del Comitato unitario contro la riforma EFAS, in votazione il prossimo 24 novembre.
“Oggi desidero affrontare una questione che riguarda tutti e tutte noi: la qualità delle cure sanitarie e il destino del personale che si dedica, giorno dopo giorno, alla nostra salute.
La riforma EFAS ci viene presentata come un’opportunità per ridurre i costi e migliorare l’efficienza, ma dietro questa facciata si nascondono insidie che non possiamo ignorare.
Inizialmente, la proposta di “finanziamento uniforme” e di “migliore coordinazione delle cure” può sembrare un passo in avanti. Tuttavia, dobbiamo chiederci: a quale costo? Queste dichiarazioni nascondono un attacco alla qualità delle cure e alle condizioni di lavoro del personale sanitario.
Le cure sanitarie non possono essere ridotte a semplici numeri e bilanci; gli ospedali, che garantiscono un’assistenza continua, sarebbero costretti a ridurre i costi, con conseguenze dirette sulle condizioni lavorative del personale e, di conseguenza, sulla qualità delle cure offerte.
Già oggi, il personale sanitario vive un periodo di grande pressione, costretto a lavorare con turni interminabili, spesso sacrificando il proprio benessere per garantire quello altrui. Se EFAS venisse approvata, questo stress aumenterebbe, riducendo ulteriormente la quantità e la qualità delle risorse umane disponibili. Immaginiamo infermieri e medici costretti a dedicare meno tempo a ciascun paziente, con turni sempre più lunghi e senza il supporto adeguato. Questa non è solo una questione che riguarda il personale; è un problema per tutti noi in quanto c’è in ballo il nostro sistema sanitario.
Durante la pandemia abbiamo riempito di applausi il personale sanitario ma questo non bastava allora ne tantomeno adesso. Bisogna proporre soluzioni concrete, come a più riprese il sindacato VPOD ha fatto in questi anni. Non possiamo di certo permetterci di peggiorare le loro condizioni di lavoro, aumentando la pressione con un ulteriore carico lavorativo. Il tasso di abbandono precoce della professione è altissimo e magari, molto spesso ci dimentichiamo dell’importanza per noi, per i nostri famigliari, di queste professioni. Dire NO a EFAS significa dire di NO ad un ulteriore deterioramento delle condizioni lavorative nel settore sociosanitario e di conseguenza delle qualità delle cure, che mi auguro, potremo sempre ricevere.
Come dichiarato dalla segretaria generale del Sindacato VPOD, Natasha Wey: Già oggi manca personale a causa delle condizioni poco attrattive della professione, EFAS non solo non affronta la questione, bensì mira ad aumentare la pressione sui costi e sul personale riducendo l’impegno dei Cantoni.
Un altro punto cruciale è il trasferimento del controllo delle risorse nelle mani delle casse malati. Questi soggetti, come abbiamo visto a più riprese, hanno l’obiettivo di massimizzare i profitti. Come descritto nella riforma, il nuovo sistema porterebbe gli assicuratori a focalizzarsi sulle prestazioni più redditizie, lasciando le situazioni più complesse e costose al settore pubblico, aggravando ulteriormente le condizioni di lavoro e la qualità delle cure.
Inoltre, la riforma EFAS comporterebbe un incremento dei pagamenti di tasca propria per coloro che necessitano di cure a domicilio o in case di cura.
Questo scenario di tagli ai costi si tradurrebbe in minori risorse e un tempo ridotto per dedicarsi a ciascun paziente.
Dobbiamo dire un deciso NO a questa riforma che mina la qualità delle cure e compromette le condizioni di lavoro di chi lavora quotidianamente nel settore sociosanitario. Il personale sanitario merita rispetto e supporto, non ulteriori pressioni e tagli.
Vi invito a riflettere: possiamo davvero permetterci di sacrificare la qualità delle nostre cure e il benessere del nostro personale per favorire i profitti delle casse malati e delle cliniche private? Diciamo quindi un chiaro NO a EFAS, per difendere una sanità pubblica di qualità, accessibile a tutti, e per garantire condizioni di lavoro dignitose per coloro che ogni giorno si prendono cura di noi.
Come Partito Socialista non neghiamo un problema legato ai costi della sanità ma ribadiamo in modo convinto che non debba essere messa in discussione l’accessibilità e la qualità delle cure, così come le condizioni di lavoro di chi opera nel settore.
A più riprese abbiamo ribadito, a livello Federale e Cantonale, quanto sia importante per esempio agire sui prezzi dei farmaci.
Il prezzo dei farmaci in Svizzera è decisamente troppo alto rispetto ad altri Paesi. Per i farmaci protetti da brevetto, paghiamo in media il 5,4% in più rispetto all’estero; per i preparati originali il cui brevetto è scaduto, la differenza è del 10,8%; e per i generici, la differenza è addirittura del 45,5%. Rispetto ad altri Paesi europei, paghiamo addirittura fino a due volte e mezzo in più per i farmaci generici.”